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#2 Il sogno che ci accomuna è più forte di tutti quei sentimenti ostili

di Giulia Bottalico

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“I sessi, è vero, sono diversi, eppure si confondono. Non c’è essere umano che non oscilli così da un sesso all’altro, e spesso non sono che gli abiti che serbano l’apparenza virile o femminile, mentre il sesso profondo è l’opposto di quello superficiale.”

È così che mi sembra più giusto iniziare. Con una citazione dello stesso Orlando di Virginia Woolf che, come una doccia ghiacciata, ci risveglia dal limbo dicotomico in cui la società ci costringe; quella visione binaria della vita che applichiamo a tutti i riguardi.
Tutto o Niente.
Bianco o Nero.
Maschio o Femmina.

E se così non fosse?

Paul Preciado riprende il messaggio battistrada di Woolf – precorritrice dei suoi tempi – e lo adatta ad una realtà nuova, dando voce a 26 persone trans e non binarie: i nuovi Orlando.

Si tratta di una narrazione epistolare in cui Preciado (persona trans, filosofo, scrittore e attivista) si rivolge alla scrittrice riflettendo sul tema della non-binarietà e ponendo particolare attenzione sulla metamorfosi corporea [mais pas du sense] che i molti Orlando subiscono ma che, purtroppo, non avviene nel sogno come nel libro.

“Salute, felicità, dunque, e dopo la felicità, lungi da noi quei sogni che appannano l’immagine nitida come quegli specchi maculati del salotto di un alberghetto di campagna; sogni che mandano tutto in frantumi e ci dilaniano e ci squartano nella notte quando vorremmo dormire; ma sonno, sonno, così profondo che tutte le forme sono ridotte in polvere d’infinita dolcezza, acqua di oscurità imprescrutabile, e lì, avvolti, avviluppati, come una mummia, come una larva, lasciateci giacere proni sulla sabbia al fondo del sonno”

Ritorna, dunque, il sogno (tema di questa edizione del BIG) come parte focale della narrazione, che in questo docu-fictional film ha più le sembianze di una speranza per il futuro: in un utopico 2028, tutte le persone trans saranno potranno avere un passaporto che attesta la cittadinanza universale.

Sì, perché ancora oggi ogni corpo trans è un atto politico poiché il loro solo esistere sfida la normativa della nostra società polarizzata – da qui il sottotitolo: ma biographie politique.

La presa di coscienza su ciò che Orlando deve affrontare per essere se stessə è come un pugno nello stomaco, un lampo a ciel sereno.
Tuttə diventiamo Orlando. E ci carichiamo di rabbia e di rancore nei confronti di un mondo ingiusto.

La sala è attraversata da emozioni forti.
Arriva, però, piano la speranza ad addolcirci.
Il pubblico sorride, c’è chi piange toccato nel profondo.

Il messaggio è chiaro:
il desiderio, la fiducia… il SOGNO che ci accomuna è più forte di tutti quei sentimenti ostili.



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