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#4 Al cosmo o la struggente tenerezza di uno sguardo

di Giuditta Giuliano

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«Se qualcuno mi avesse veduto nel cuore, vi avrebbe trovato una struggente tenerezza per le cose e le presenze di quel tempo, per la calda ricchezza di quella vita e i silenzi, gli sguardi, le risate, gli incontri, un entusiasmo di speranza, e al centro un vuoto uno sgomento un’angoscia».

(Da Fuoco Grande, Cesare Pavese – Bianca Garufi)

Ho deciso di iniziare con questa citazione da Fuoco Grande, perché trovo che Tra le rose e le viole. Storia e storie di transessuali e travestiti, di Porpora Marcasciano, sia questo: un flusso ininterrotto di testimonianze che dagli anni Cinquanta fino ai giorni nostri si dipana tra lacerazioni e commossi slanci di gioia. Un coro di voci che, nella loro diversità, inneggiano alla vita e all’intensità dell’essere in tutti i suoi aspetti: dal dolore della (in)differenza e della discriminazione, fino al trionfo di sapersi finalmente nel corpo cui si è sempre statə destinatə.

Ma come restituire al pubblico, con la giusta intensità, la filigrana di emozioni che sottende ad ognuna delle storie presenti nel libro?
Il collettivo bolognese Ateliersi risponde a questa domanda con la lettura corale Al Cosmo.

Una stanza. Luce sull’intreccio di corpi raccolti attorno all’oggetto libro. I confini dello spazio scenico si allargano fino ad abbracciare l’intero ambiente, oppure la verità è che ci si trova in un luogo familiare, sotto il nume tutelare del calore e dell’intimità.

La tenerezza è un debito che non si estingue. La dobbiamo a noi e allə altrə , chiede di essere accudita attraverso ogni gesto. Perciò è nella semplicità di una carezza, di sguardi che si incontrano, di una testa dolcemente posata sulla spalla dell’altrə, che il filo del racconto si dipana fino a tenere tuttə strettə nello stesso abbraccio.

«Non esistono storie in cui gli esseri umani non siano in grado di immedesimarsi», ci dice Fiorenza Menni, fondatrice di Ateliersi.
Quella del narrare, infatti, è una facoltà spiccatamente antropologica. Ogni Io è un’autobiografia in fieri, alla ricerca di un faticoso equilibrio tra spinte interne ed esterne. Ma alcune storie, più di altre, manifestano il bisogno di allargare i propri confini, in modo da farsi carne e sangue anche in chi crede non lə appartengano.

Così, i racconti di Tra le rose e le viole percorrono lo spazio scenico e, passando per i corpi confluiscono nella voce, finestra aperta sull’immensità del cosmo. È un cosmo dove tutto vibra all’unisono, dove non c’è distinzione tra respiro, membra, sguardi.

Dove il flusso che si viene a creare è governato dall’urgenza che ogni racconto ha di ri-prendere vita nelle umanità che, di volta in volta, lo ospitano.

Perché non esistono, al mondo, storie in cui gli esseri umani non siano in grado di immedesimarsi. L’unica differenza sta nello scegliere da che parte stare.



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